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venerdì 31 maggio 2013

Eagles - The Last Resort


[1976]

The Last Resort

She came from Providence  
The one in Rhode Island 
Where the old-world shadows hang 
Heavy in the air 
She packed her hopes and dreams 
Like a refugee 
Just as her father came 
Across the sea 

She heard about a place 
People were smiling 
They spoke about the red man's way 
And how they loved the land 
They came from everywhere 
To the Great Divide 
Seeking a place to stand 
Or a place to hide 

Down in the crowded bars 
Out for a good time 
Can't wait to tell you all 
What it's like up there 
They called it Paradise, I don't know why 
Somebody laid the mountains low 
While the town got high 

Then the chilly winds blew down 
Across the desert 
Through the canyons of the coast 
To the Malibu 
Where the pretty people play 
Hungry for power 
To light their neon's way 
And give 'em things to do 
Some rich men came and raped the land 
Nobody caught 'em 
Put up a bunch of ugly boxes, and Jesus, people bought 'em 
And they called it Paradise, "the place to be," 
They watched the hazy sun 
Sinking in the sea 

You can leave it all behind 
And sail to Lahaina 
Just like the missionaries did 
So many years ago 
They even brought a neon sign that said, "Jesus is coming" 
They brought the white man's burden down 
They brought the white man's reign 
Who will provide the Grand Design ? 
What is yours and what is mine ? 
There is no more new frontier 
We have got to make it here 
We satisfy our endless needs, 
And justify our bloody deeds, 
In the name of Destiny 
And in the name of God 
And you can see them there 
On Sunday morning 
Stand up and sing about 
What it's like up there 
They call it Paradise, I don't know why 
You call some place Paradise 
Kiss it good-bye.


L'ultima spiaggia

Lei viene da Providence 
Nel Rhode Island 
Dove le ombre del vecchio mondo 
Si allungano pesanti nell'aria 
Aveva messo in valigia le sue speranze e i suoi sogni 
Come una profuga 
proprio come suo padre quando aveva attraversato il mare.

Lei ha sentito di un posto dove la gente sorrideva 
Si parlava dello stile di vita dei pellerossa
E di come amavano la loro terra 
Arrivavano da ogni luogo 
fino al Grande Confine 
Cercando un posto ove stabilirsi
O un posto per nascondersi 

Giu nei bar affollati 
Fuori per divertirsi 
Non vedo l'ora di raccontarti tutto 
Di com'è lassù
Loro lo chiamano paradiso 
Non so perché 
Qualcuno ha abbassato i monti 
Mentre la città si alzava 

Poi i venti gelidi hanno soffiato
Attraverso il deserto 
Attraverso i canyon sulla costa 
Fino a Malibu 
Dove la bella gente gioca 
Affamata di potere 
Per illuminare le proprie strade al neon 
E dar loro cose da fare 

Alcuni ricchi sono arrivati ed hanno saccheggiato il paese 
Nessuno li ha presi 
Hanno costruito un mucchio di casupole orrende, e Gesù, 
La gente gliele ha comprate 
E loro lo hanno chiamato paradiso 
Il posto dove bisogna stare 
Hanno visto il sole ofuscato, affonandare nel mare 

Puoi lasciarti tutto dietro 
E navigare verso Lahaina 
Come hanno fatto i missionari, tanti anni fa 
Loro portarono un'insegna luminosa:Gesù sta arrivando 
hanno portato il fardello dell'uomo bianco 
Hanno portato il regno dell'uomo bianco 

Chi provvederà al grande disegno? 
Qual é il vostro, e quale il mio? 
Siccome non ci sono più nuove frontiere, 
Dobbiamo farlo qui .

Soddisfiamo i nostri bisogni infiniti e 
Giustifichiamo le nostre azioni insanguinate 
Nel nome del Destino, e nel nome di Dio 

E puoi vederli laggiù 
La domenica mattina 
Alzarsi e cantare di  come sia Lassù.
Loro lo chiamano Paradiso 
Non so perché 
Quando chiami un posto Paradiso, 
digli pure addio.

Eagles - Wasted Time


[1976]

Wasted Time

Well, baby, there you stand. 
With your little head down in your hands. 
Oh, my God, you can't believe It's happening again 
Your baby's gone and you're all alone and it looks like the end.

You're back out on the street and you're trying to remember 
How do you start it over? You don't know if you can. 
You don't care much for a stranger's touch but you can't hold your man 
You never thought you'd be alone this far down the line 
And I know what's been on your mind You're afraid it's all been wasted time 

The autumn leaves have got you thinkin' about the first time that you fell 
You didn't love the boy too much, no no, you just loved the boy too well 
So you live from day to day, and you dream about tomorrow 
And the hours go by like minutes, and the shadows come to stay 
So you take a little somethin' to make them go away 
I could 've done so many things, baby if I could only stop my mind 
From wonderin' what I left behind, and from worryin' about this wasted time 

Another love has come and gone and the years keep rushin' on 
I remember what you told me before you went out on your own 
"Sometimes to keep it together, we got to leave it alone." 
So you can get on with your search, baby, and I can get on with mine 
And maybe someday we will find that it wasn't really wasted time. 


Tempo sprecato

Beh piccola, eccoti lì,
Con la tua testolina tra le mani
Oh, mio Dio, non ci credi che stia succedendo
Di nuovo
Il tuo ragazzo se n’è andato, e tu sei tutta sola
E sembra la fine di tutto

E sei di nuovo sulla strada.
E stai cercando di ricordare.
Come farai a rincominciare?
Non sai se ci riuscirai.
Non ti importa molto che ti tocchi uno sconosciuto,
ma non sei riuscita a tenerti stretto il tuo uomo.

Non hai mai pensato che saresti stata così sola
Seguendo le tue idee e i tuoi modi di fare
E so cosa ti è passato per la testa:
Hai paura che sia stato tutto tempo sprecato.

Le foglie autunnali ti hanno fatto ripensare
Alla prima volta che hai fallito
Non amavi troppo il ragazzo, no, no
Gli davi semplicemente troppo.
Per cui ora vivi alla giornata, e fantastichi
Sul domani, oh.
E le ore passano come minuti
E le ombre arrivano per fermarsi
Così tu prendi qualcosa per
Farle andare via
E avrei potuto fare così tante cose, piccola ma
Se potessi riuscire a smettere di chiedermi cosa
Mi sono lasciato alle spalle e a tormentarmi su questo spreco di tempo

Ooh, un altro amore è venuto e se n’è andato
Ooh, e gli anni continuano a correre
Ricordo cosa mi dicesti prima andare via da sola:“Certe volte per far rimanere il tutto insieme, dobbiamo lasciarlo andare”
Così puoi continuare con la tua ricerca, piccola, e io posso
Continuare con la mia
E magari un giorno scopriremo che in verità non è stato 
Tempo sprecato


Eagles - Tequila Sunrise


[1973]

Tequila Sunrise

It's another tequila sunrise 
Starin' slowly 'cross the sky 
I said goodbye 

He was just a hired hand 
Workin' on the dreams he planned to try 
The days go by 

Ev'ry night when the sun goes down 
He 's just another  lonely boy in town 
And she's out runnin' round 

She wasn't just another woman 
And I couldn't keep from comin' on 
It's been so long 

Oh and it's a hollow feelin' 
When it comes down to dealin' friends 
It never ends 

Take another shot of courage 
And wonder why the right words never come 
You just get numb 

And it's another tequila sunrise 
This old world still looks the same 
Another frame.


Tequila Sunrise (*)

E' un’altra alba di tequila
che si mescola lentamente nel cielo
a cui ho detto addio

Lui era solo un monovale
che lavorava  ai sogni che aveva pianificato di provare e
I giorni passano

Ogni notte quando il sole scende
lui è soltanto  un altro ragazzo solitario nella città,
e lei è fuori che corre in giro

Lei non era solo un’altra donna
ma amico, non sono riuscito ad impedirlo
è passato così tanto tempo

Oh, c'è una sensazione di vuoto
quando si arriva a compromettere gli amici,
non finisce mai.

fatti un altro cicchetto di coraggio
e chiediti come mai le parole giuste non vengono mai,
Diventi solo più  insensibile
E' un’altra alba di tequila
e questo vecchio mondo ha sempre lo stesso aspetto, 
Un’altro fermo immagine.

(*)= Gioco di parole, il tequila sunrise è anche un cocktail)

Eagles - Desperado


[1973]

Desperado

Desperado, why don't you come to your senses?
You been out ridin' fences for so long now
Oh, you're a hard one
I know that you got your reasons
These things that are pleasin' you
Can hurt you somehow

Don't you draw the queen of diamonds, boy
She?ll beat you if shès able
You know the queen of heats is always your best bet

Now it seems to me, some fine things
Have been laid upon your table
But you only want the ones that you can't get

Desperado, oh, you ain't gettin' no youger
Your pain and your hunger, they're drivin' you home
And freedom, oh freedom well, that's just some people talkin'
Your prison is walking through this world all alone

Don't your feet get cold in the winter time?
The sky won't snow and the sun won't shine
It?s hard to tell the night time from the day
Yoùre loosin' all your highs and lows
Ain't it funny how the feeling goes away?

Desperado, why don't you come to your senses?
Come down from your fences, open the gate 
It may be rainin', but therès a rainbow above you
You better let somebody love you, before it's too late


Desperado

Desperado, perchè non torni in te?
Hai vissuto sopra le righe per cosi tanto tempo, oramai
Oh, tu sei un duro e
So che hai le tue ragioni ma
Queste cose che ti danno piacere
Possono anche ferirti in qualche modo

Non pescare la regina di quadri, ragazzo
Lei ti batte se può 
Sai che la regina di cuori è sempre la tua migliore scommessa

Guarda, a me pare che ci siano tante belle cose
che giacciono sul tuo tavolo
Ma tu vuoi solo quello che non puoi avere

Desperado oh non stai  certo diventando più giovane
Il tuo dolore e la tua brama ti stanno portando a casa...
E la libertà, si la libertà e solo uan cosa di cui la gente parla
La tua prigione è camminare in questo mondo da solo

Ma i tuoi piedi non diventeranno freddi nell'inverno?
Dal cielo non nevicherà e il sole non brillerà?
Ti è difficile distinguere la notte dal giorno
Stai perdendo tutti i tuoi punti di riferimento
Non è strano come la sensazione se ne va?

Desperado, perché non usi la ragione?
Scendi dalle tue posizioni, apri il cancello
Potrebbe piovere, ma c'è un arcobaleno sopra di te
Faresti meglio a lasciare che qualcuno ti ami prima che sia troppo tardi


Riccardo Cocciante - A Mio Padre


[1975]


A mio padre


Poi le cose si confondono 
e non vedi dentro te 
le illusioni non si avverano 
e non ti chiedi più perché 

mentre i giorni tuoi che passano 
non li conti quasi più 
mentre i giorni che ti aspettano 
non sai cosa farne più 
e i capelli poi s'imbiancano 
e non sembri neanche tu 
e le forze ti abbandonano 
non combatti neanche più 
e i tuoi figli che ti accusano 
senza chiedersi perché 
mentre i loro sogni volano 
vanno in alto ma senza di te 
e li vedi mentre scappano 
e raggiungerli non puoi 
e li senti che combattono 
e lo fanno anche per te 
loro adesso non capiscono 
ch'eri giovane anche tu 
che le cose che ora chiedono 
gliele hai preparate tu 
non ti devi ancora arrendere 
c'è bisogno anche di tè 
perché gli anni tuoi che passano 
non ritorneranno più 
perché gli anni che ti restano 
non ti basteranno più 
non ti basteranno più


Riccardo Cocciante - Lucia


[1974]


Lucia


Sei una farfalla che 
si è fatta trasportare su dal vento 
per girare intorno al sole 
credendolo amore 

Lucia 
lui ti ha bruciato le ali 
Lucia 
lui ti ha bruciato le ali 
le ali 

Sei come un angelo 
che ha sbagliato azzurro 
ed è caduto all'improvviso 
in fondo al mare 
credendolo amore 

Lucia 
se fossi stata mia 
Lucia 
se fossi stata mia 
mia 

Io ti avrei 
curato come un fiore 
non ti avrei 
strappato le radici


Riccardo Cocciante - Se Io Fossi


[1974]


Se io fossi


Se io fossi il fuoco 
tutto il mondo brucerei 
Se io fossi il vento 
lo cancellerei 
Se io fossi l'acqua 
tutto quanto coprirei 
nascondendo tutto dell'umanità 

Se io fossi un fiore 
non vorrei nascere mai 
Se io fossi il sole 
non riscalderei 
Se io fossi neve 
tutto quanto coprirei 
nascondendo tutto dell'umanità 

Basta un seme e un po' di terra 
e tra i sassi nasce un fiore 
basterebbe così poco 
basterebbe così poco 

Se io fossi il cielo 
sempre nero resterei 
Se io fossi stella 
non risplenderei 

Sono solo un uomo 
soltanto un uomo 
ma se fossi in Lui 
ricomincerei 
se io fossi Lui ricomincerei


Riccardo Cocciante - Puoi Chiamarmi Col Mio Nome


[1974]


Puoi chiamarmi col mio nome


Quando sentirai il mio nome 
sulle labbra di qualcuno 
e nessuno avrà chiamato 
qualcun altro col mio nome 
e ti chiederai ma quando, quando torna 
Quando 
le tue lacrime sincere 
bagneranno le tue mani 
e ti accorgerai che sono 
dei diamanti di valore 
e ti chiederai ma quando, quando torna 
quando 
Quando le tue lunghe notti 
seguiranno ad altre notti 
senza mai vedere il giorno 
Quando avrai dimenticato 
quello che ti ho fatto allora 
allora, allora 
puoi uscire sul balcone 
e chiamarmi col mio nome 
sarò lì ad aspettare 
lì per ricominciare 

Riccardo Cocciante - Per Lei


[2006]

Per lei


Faro' l'estate quando piove 
nei giorni grigi di novembre 
inventero' parole nuove 
per alternarmi ai suoi silenzi 
sapro' cambiare la mia vita 
seguendo il ritmo della sua 
trovando il punto di equilibrio 
dei sentimenti 
per lei 
per lei 
per lei 
andro' a cercare nei miei sogni 
le chiavi che apriranno i suoi 
per imparare a rispettare 
questa inquietudine fra noi 
poi strappero' dalle mie labbra 
le cose che non osavo dire 
per cancellare tutti i suoi dubbi 
le sue paure 
per lei 
per lei 
per lei 
oh per lei 
io me ne andro' ai limiti 
dell'impossibile per lei 
per lei superero' me stesso 
e mi trasformero' se vuole 
saremo indivisibili 
estremi indispensabili 
non parleremo piu' di ieri 
faro' di noi il mio domani 
certo soltanto per amarci 
forse per non morire mai 
per lei 
per lei 
per lei 
oh per lei 
io me andro' ai limiti 
dell'impossibile per lei 
per lei superero' me stesso 
e mi trasformero' se vuole 
saremo indivisibili 
estremi indispensabili 
per lei 
il tempo io io fermero' 
per dare un po' d'eternita' 
a quei momenti che troppo presto 
se ne vanno via 
per lei 
per lei 
per lei.


mercoledì 29 maggio 2013

Francesco Guccini - Asia



[1970]

Asia

Fra i fiori tropicali, fra grida di dolcezza, la lenta, lieve brezza scivolava
e piano poi portava, fischiando fra la rete, l' odore delle sete e della spezia.

Leone di Venezia, Leone di San Marco, l' arma cristiana è al varco dell' Oriente:
ai porti di ponente il mare ti ha portato i carichi di avorio e di broccato.

Le vesti dei mercanti trasudano di ori, tesori immani portano le stive;
si affacciano alle rive le colorate vele, fragranti di garofano e di pepe.

Trasudano le schiene schiantate dal lavoro, son per la terra mirra, l' oro e incenso.
Sembra che sia nel vento su fra la palma somma il grido del sudore e della gomma.

E l' Asia par che dorma, ma sta sospesa in aria l' immensa, millenaria sua cultura:
i bianchi e la natura non possono schiacciare i Buddha, i Chela, gli uomini ed il mare.

Leone di San Marco, leone del profeta, ad est di Creta corre il tuo vangelo;
si staglia contro il cielo il tuo simbolo strano: la spada e non il libro hai nella mano.

Terra di meraviglie, terra di grazie e mali, di mitici animali da bestiari;
s' arriva dai santuari, fin sopra all' alta plancia, il fumo della gangia e dell'incenso.

E quel profumo intenso è rotta di gabbiani, segno di vani simboli divini
e gli uccelli marini additano col volo la strada del Katai per Marco Polo.

Francesco Guccini - L'isola non trovata



[1970]

L'isola non trovata

...Ma bella più di tutte l' isola non trovata, quella che il Re di Spagna s' ebbe da suo cugino,
il Re di Portogallo, con firma suggellata
e "bulla" del pontefice in Gotico-Latino...

Il Re di Spagna fece vela cercando l' isola incantata,
però quell'isola non c'era e mai nessuno l'ha trovata:
svanì di prua dalla galea come un' idea,
come una splendida utopia, è andata via e non tornerà mai più...

Le antiche carte dei corsari portano un segno misterioso
e ne parlan piano i marinai con un timor superstizioso:
nessuno sa se c'è davvero od è un pensiero,
se, a volte, il vento ne ha il profumo è come il fumo che non prendi mai!

Appare, a volte, avvolta di foschia, magica e bella,
ma se il pilota avanza su mari misteriosi è già volata via,
tingendosi d'azzurro, color di lontananza...

Il Re di Spagna fece vela cercando l'isola incantata...

Francesco Guccini - Auschwitz



[1966]

Auschwitz

Son morto con altri cento, son morto ch' ero bambino,
passato per il camino e adesso sono nel vento e adesso sono nel vento....

Ad Auschwitz c'era la neve, il fumo saliva lento
nel freddo giorno d' inverno e adesso sono nel vento, adesso sono nel vento...

Ad Auschwitz tante persone, ma un solo grande silenzio:
è strano non riesco ancora a sorridere qui nel vento, a sorridere qui nel vento...

Io chiedo come può un uomo uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento, in polvere qui nel vento...

Ancora tuona il cannone, ancora non è contento
di sangue la belva umana e ancora ci porta il vento e ancora ci porta il vento...

Io chiedo quando sarà che l' uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà...

Io chiedo quando sarà che l' uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare e il vento si poserà e il vento si poserà e il vento si poserà...

Francesco Guccini - Samantha



[1993]

Samantha

Samantha scende le scale di un policentro attrezzato comunale,
trentanni e poi l' appartamento sarà suo, o meglio,
dei suoi genitori che ogni mese devono strappare il mutuo da uno stipendio da fame,
ma Milano è tanto grande da impazzire
e il sole incerto becca di sguincio, in questa domenica d' aprile,
ogni pietra, ogni portone ed ogni altro ammennicolo urbanistico,
ma Samantha saltella, non sa d' avere lunghe gambe da cervo
e il seno, come si dice, in fiore, teso, sopra a un corpo ancora acerbo
e Samantha, Samantha ancora non sa d' avere un destino da modella
e corre allegra lungo i graffiti osceni delle scale quasi donna, quasi bella.

E fuori: Milano muore di malinconia, di sole che tramonta là in periferia,
di auto del ritorno, famiglie, freni e gas di scarico.
Lontano il centro è quasi un altro mondo, San Siro un urlo che non cogli a fondo,
ti taglia un senso vago di infinito panico.
Spunta un gasometro dietro a muri neri, oziosi vagolano i tuoi pensieri
e in aria il cielo è un qualche cosa viola carico...

Andrea è giù nel cortile, jeans regolari e faccia da vinile,
giacca a vento come dio comanda e legata al polso la bandana, un piede contro al muro e lì
l' aspetta perchè vuol parlarle, niente, forse d' amore, ma non sa che dire,
con le parole quasi lombarde che non sanno uscire
e si accende rabbioso una Marlboro di alibi
e si guardano di sbieco, appena un cenno istintivo di saluto,
ma a Samantha batte il cuore da morire mentre Andrea rimane muto;
e lei ritornerà con le MS per suo padre steso davanti a qualche canale
e lui mediterà al bar dietro a una birra che la vita può far male...

E Milano sembra che sia li a abbracciarsi quei due che non sapranno più parlarsi,
solo sfiorarsi in un momento vago e via.
Samantha presto cambierà quartiere per un destino che non sa vedere,
e Andrea diventerà padrone d' una pizzeria.
Ed io, burattinaio di parole, perchè mi perdo dietro a un primo sole,
perchè mi prende questa assurda nostalgia?

Francesco Guccini - Farewell



[1993]

Farewell

E sorridevi e sapevi sorridere coi tuoi vent' anni portati così,
come si porta un maglione sformato su un paio di jeans;
come si sente la voglia di vivere
che scoppia un giorno e non spieghi il perchè:
un pensiero cullato o un amore che è nato e non sai che cos'è.

Giorni lunghi fra ieri e domani, giorni strani,
giorni a chiedersi tutto cos\' era, vedersi ogni sera;
ogni sera passare su a prenderti con quel mio buffo montone orientale,
ogni sera là, a passo di danza, a salire le scale
e sentire i tuoi passi che arrivano, il ticchettare del tuo buonumore, (tintinnare)
quando aprivi la porta il sorriso ogni volta mi entrava nel cuore.

Poi giù al bar dove ci si ritrova, nostra alcova,
era tanto potere parlarci, giocare a guardarci,
tra gli amici che ridono e suonano attorno ai tavoli pieni di vino,
religione del tirare tardi e aspettare mattino;
e una notte lasciasti portarti via, solo la nebbia e noi due in sentinella, (poi)
la città addormentata non era mai stata così tanto bella.

Era facile vivere allora ogni ora,
chitarre e lampi di storie fugaci, di amori rapaci,
e ogni notte inventarsi una fantasia da bravi figli dell'epoca nuova,
ogni notte sembravi chiamare la vita a una prova.
Ma stupiti e felici scoprimmo che era nato qualcosa più in fondo,
ci sembrava d'avere trovato la chiave segreta del mondo.

Non fu facile volersi bene, restare assieme
o pensare d'avere un domani e stare lontani;
tutti e due a immaginarsi: "Con chi sarà?" In ogni cosa un pensiero costante, (domandarsi)
un ricordo lucente e durissimo come il diamante (pensiero)
e a ogni passo lasciare portarci via da un' emozione non piena, non colta: (di notte) (lasciarci portare)
rivedersi era come rinascere ancora una volta.

Ma ogni storia ha la stessa illusione, sua conclusione, (conclusione) (illusione)
e il peccato fu creder speciale una storia normale.
Ora il tempo ci usura e ci stritola in ogni giorno che passa correndo,
sembra quasi che ironico scruti e ci guardi irridendo.
E davvero non siamo più quegli eroi pronti assieme a affrontare ogni impresa;
siamo come due foglie aggrappate su un ramo in attesa. (solo) (ad)

"The triangle tingles and the trumpet plays slow"...

Farewell, non pensarci e perdonami se ti ho portato via un poco d'estate
con qualcosa di fragile come le storie passate:
forse un tempo poteva commuoverti, ma ora è inutile credo, perchè
ogni volta che piangi e che ridi non piangi e non ridi con me...

Francesco Guccini - Le belle domeniche



[1975]

Le belle domeniche

Sono già sette giorni che aspetti la festa per stare più a letto al mattino
Alla sera hai bevuto, hai male alla testa e in bocca sapore di vino
Accendi una cicca, ti brucia la gola e lei non telefona: "cosa si fa?"
Ti radi, ti lavi, ti cambi camicia, aspetti che chiami chi non chiamerà
La, la, la...

Poi quattro passi in centro, forse la incontro a messa
Gli amici, il calcio: "si perde, vuoi fare una scommessa"
Poi ritorni, è passata già mezza giornata e nessuno ha cercato di te
La, la, la...

La giornata ha già preso i colori serali e l'inverno ed il tempo è più breve
Coppie passano strette lontano sui viali camminando sui mucchi di neve
Fumi stanco e annoiato, aspettando qualcosa, ma ormai non telefona: "al diavolo lei!"
Rifai la cravatta, ti metti la giacca, aspetti che chiami chi non chiamerà
La, la, la...

Poi un salto dagli amici, oggi si fa una festa
La donna l'hai trovata, ma dopo cosa resta?
Ritorni annoiato, il giorno è passato e nessuno ha cercato di te
La, la, la...

Dopo cena c'è un Cine italiano, il boccette, un ramino, un caffè: "tenga il resto!"
Domattina ti devi svegliare alle 7 ed a letto bisogna andar presto
Fumi l'ultima cicca sdraiato nel buio: "Quest' altra domenica la devo vedere!"
E del giorno ti resta il vestito da festa e una noia che è amica con te
E del giorno ti resta il vestito da festa e una noia che è amica con te
La, la, la...

Francesco Guccini - Una canzone



[2004]

Una canzone

La canzone è una penna e un foglio
così fragili fra queste dita,
è quel che non è, è l'erba voglio
ma può essere complessa come la vita.
La canzone è una vaga farfalla
che vola via nell'aria leggera,
una macchia azzurra, una rosa gialla,
un respiro di vento la sera,
una lucciola accesa in un prato,
un sospiro fatto di niente
ma qualche volta se ti ha afferrato
ti rimane per sempre in mente
e la scrive gente quasi normale
ma con l'anima come un bambino
che ogni tanto si mette le ali
e con le parole gioca a rimpiattino.

La canzone è una stella filante
che qualche volta diventa cometa
una meteora di fuoco bruciante
però impalpabile come la seta.
La canzone può aprirti il cuore
con la ragione o col sentimento
fatta di pane, vino, sudore
lunga una vita, lunga un momento.
Si può cantare a voce sguaiata
quando sei in branco, per allegria
o la sussurri appena accennata
se ti circonda la malinconia
e ti ricorda quel canto muto
la donna che ha fatto innamorare
le vite che tu non hai vissuto
e quella che tu vuoi dimenticare.

La canzone è una scatola magica
spesso riempita di cose futili
ma se la intessi d'ironia tragica
ti spazza via i ritornelli inutili;
è un manifesto che puoi riempire
con cose e facce da raccontare
esili vite da rivestire
e storie minime da ripagare
fatta con sette note essenziali
e quattro accordi cuciti in croce
sopra chitarre più che normali
ed una voce che non è voce
ma con carambola lessicale
può essere un prisma di rifrazione
cristallo e pietra filosofale
svettante in aria come un falcone.

Perché può nascere da un male oscuro
che è difficile diagnosticare
fra il passato appesa e il futuro,
lì presente e pronta a scappare
e la canzone diventa un sasso
lama, martello, una polveriera
che a volte morde e colpisce basso
e a volte sventola come bandiera.
La urli allora un giorno di rabbia
la getti in faccia a chi non ti piace
un grimaldello che apre ogni gabbia
pronta ad irridere chi canta e tace.
Però alla fine è fatta di fumo
veste la stoffa delle illusioni,
nebbie, ricordi, pena, profumo:
son tutto questo le mie canzoni.

Francesco Guccini - Lettera



[1996]

Lettera

In giardino il ciliegio è fiorito agli scoppi del nuovo sole,
il quartiere si è presto riempito di neve di pioppi e di parole.
All' una in punto si sente il suono acciottolante che fanno i piatti,
le TV son un rombo di tuono per l' indifferenza scostante dei gatti;
come vedi tutto è normale in questa inutile sarabanda,
ma nell' intreccio di vita uguale soffia il libeccio di una domanda,
punge il rovaio d' un dubbio eterno, un formicaio di cose andate,
di chi aspetta sempre l' inverno per desiderare una nuova estate...

Son tornate a sbocciare le strade, ideali ricami del mondo,
ci girano tronfie la figlia e la madre nel viso uguali e nel culo tondo,
in testa identiche, senza storia, sfidando tutto, senza confini,
frantumano un attimo quella boria grida di rondini e ragazzini;
come vedi tutto è consueto in questo ingorgo di vita e morte,
ma mi rattristo, io sono lieto di questa pista di voglia e sorte,
di questa rete troppo smagliata, di queste mete lì da sognare,
di questa sete mai appagata, di chi starnazza e non vuol volare...

Appassiscono piano le rose, spuntano a grappi i frutti del melo,
le nuvole in alto van silenziose negli strappi cobalto del cielo.
Io sdraiato sull' erba verde fantastico piano sul mio passato,
ma l' età all' improvviso disperde quel che credevo e non sono stato;
come senti tutto va liscio in questo mondo senza patemi,
in questa vista presa di striscio, di svolgimento corretto ai temi,
dei miei entusiasmi durati poco, dei tanti chiasmi filosofanti,
di storie tragiche nate per gioco, troppo vicine o troppo distanti...

Ma il tempo, il tempo chi me lo rende? Chi mi dà indietro quelle stagioni
di vetro e sabbia, chi mi riprende la rabbia e il gesto, donne e canzoni,
gli amici persi, i libri mangiati, la gioia piana degli appetiti,
l' arsura sana degli assetati, la fede cieca in poveri miti?
Come vedi tutto è usuale, solo che il tempo stringe la borsa
e c'è il sospetto che sia triviale l' affanno e l' ansimo dopo una corsa,
l' ansia volgare del giorno dopo, la fine triste della partita,
il lento scorrere senza uno scopo di questa cosa... che chiami... vita...

Francesco Guccini - Canzone delle domande consuete



[1990]

Canzone delle domande consuete

Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente
come se il tempo per noi non costasse l' uguale,
come se il tempo passato ed il tempo presente
non avessero stessa amarezza di sale.

Tu non sai le domande, ma non risponderei
per non strascinare parole in linguaggio d' azzardo;
eri bella, lo so, e che bella che sei,
dicon tanto un silenzio e uno sguardo...

Se ci sono non so cosa sono e se vuoi
quel che sono o sarei, quel che sarò domani,
non parlare non dire più niente, se puoi,
lascia farlo ai tuoi occhi, alle mani...

Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare... parlami di te...

Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse,
trascinate dai giorni come piena di fiume
tante cose sembrate e credute diverse,
come un prato coperto a bitume.

Rimanere così, annaspare nel niente,
custodire i ricordi, carezzare le età;
è uno stallo o un rifiuto crudele e incosciente
del diritto alla felicità...

Se ci sei, cosa sei? Cosa pensi e perché?
Non lo so, non lo sai; siamo qui o lontani?
Esser tutto, un momento, ma dentro di te,
aver tutto, ma non il domani...

Non andare... vai.. Non restare...stai... Non parlare... parlami di te...

E siamo qui spogli in questa stagione che unisce
tutto ciò che sta fermo, tutto ciò che si muove,
non so dire se nasce un periodo o finisce,
se dal cielo ora piove o non piove...

Pronto a dire "buongiorno", a rispondere "bene",
a sorridere a "salve", dire anch'io "come va?"
Non c'è vento stasera. Siamo o non siamo assieme?
Fuori c'è ancora una città?

Se c'è ancora balliamoci dentro stasera,
con gli amici cantiamo una nuova canzone...
tanti anni e son qui ad aspettar primavera,
tanti anni ed ancora in pallone...

Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare... parlami di te...
Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare... parlami di noi...

Francesco Guccini - Gli amici



[1983]

Gli amici

I miei amici veri, purtroppo o per fortuna,
non sono vagabondi o abbaialuna,
per fortuna o purtroppo ci tengono alla faccia:
quasi nessuno batte o fa il magnaccia.

Non son razza padrona, non sono gente arcigna,
siamo volgari come la gramigna.
Non so se è pregio o colpa esser fatti così:
c'è gente che è di casa in serie B.

Contandoli uno a uno non son certo parecchi,
son come i denti in bocca a certi vecchi,
ma proprio perché pochi son buoni fino in fondo
e sempre pronti a masticare il mondo.

Non siam razza d' artista, né maschere da gogna
e chi fa il giornalista si vergogna,
non che il fatto c' importi: chi non ha in qualche posto
un peccato o un cadavere nascosto?

Non cerchiamo la gloria, ma la nostra ambizione
è invecchiar bene, anzi, direi... benone!
Per quello che ci basta non c'è da andar lontano
e abbiamo fisso in testa un nostro piano:

se e quando moriremo, ma la cosa è insicura,
avremo un paradiso su misura,
in tutto somigliante al solito locale,
ma il bere non si paga e non fa male.

E ci andremo di forza, senza pagare il fìo
di coniugare troppo spesso in Dio:
non voglio mescolarmi in guai o problemi altrui,
ma questo mondo ce l' ha schiaffato Lui.

E quindi ci sopporti, ci lasci ai nostri giochi,
cosa che a questo mondo han fatto in pochi,
voglio veder chi sceglie, con tanti pretendenti,
tra santi tristi e noi più divertenti,
veder chi è assunto in cielo, pur con mille ragioni,
fra noi e la massa dei rompicoglioni...

Francesco Guccini - Autogrill



[1983]

Autogrill

La ragazza dietro al banco mescolava birra chiara e Seven-up,
e il sorriso da fossette e denti era da pubblicità,
come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill,
mentre i sogni miei segreti li rombavano via i TIR...

Bella, d' una sua bellezza acerba, bionda senza averne l' aria,
quasi triste, come i fiori e l' erba di scarpata ferroviaria,
il silenzio era scalfito solo dalle mie chimere
che tracciavo con un dito dentro ai cerchi del bicchiere...

Basso il sole all' orizzonte colorava la vetrina
e stampava lampi e impronte sulla pompa da benzina,
lei specchiò alla soda-fountain quel suo viso da bambina
ed io.... sentivo un' infelicità vicina...

Vergognandomi, ma solo un poco appena, misi un disco nel juke-box
per sentirmi quasi in una scena di un film vecchio della Fox,
ma per non gettarle in faccia qualche inutile cliché
picchiettavo un indù in latta di una scatola di té...

Ma nel gioco avrei dovuto dirle: "Senti, senti io ti vorrei parlare...",
poi prendendo la sua mano sopra al banco: "Non so come cominciare:
non la vedi, non la tocchi oggi la malinconia?
Non lasciamo che trabocchi: vieni, andiamo, andiamo via."

Terminò in un cigolio il mio disco d' atmosfera,
si sentì uno sgocciolio in quell' aria al neon e pesa,
sovrastò l' acciottolio quella mia frase sospesa,
"ed io... ", ma poi arrivò una coppia di sorpresa...

E in un attimo, ma come accade spesso, cambiò il volto d' ogni cosa,
cancellarono di colpo ogni riflesso le tendine in nylon rosa,
mi chiamò la strada bianca, "Quant'è?" chiesi, e la pagai,
le lasciai un nickel di mancia, presi il resto e me ne andai...

Francesco Guccini - Bologna



[1981]

Bologna

Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po' molli
col seno sul piano padano ed il culo sui colli,
Bologna arrogante e papale, Bologna la rossa e fetale,
Bologna la grassa e l' umana già un poco Romagna e in odor di Toscana...

Bologna per me provinciale Parigi minore:
mercati all'aperto, bistrots, della "rive gauche" l' odore
con Sartre che pontificava, Baudelaire fra l' assenzio cantava
ed io, modenese volgare, a sudarmi un amore, fosse pure ancillare.

Però che Bohéme confortevole giocata fra casa e osterie
quando a ogni bicchiere rimbalzano le filosofie...
Oh quanto eravamo poetici, ma senza pudore e paura
e i vecchi "imberiaghi" sembravano la letteratura...
Oh quanto eravam tutti artistici, ma senza pudore o vergogna
cullati fra i portici cosce di mamma Bologna...

Bologna è una donna emiliana di zigomo forte,
Bologna capace d' amore, capace di morte,
che sa quel che conta e che vale, che sa dov'è il sugo del sale,
che calcola il giusto la vita e che sa stare in piedi per quanto colpita...

Bologna è una ricca signora che fu contadina:
benessere, ville, gioielli... e salami in vetrina,
che sa che l' odor di miseria da mandare giù è cosa seria
e vuole sentirsi sicura con quello che ha addosso, perché sa la paura.

Lo sprechi il tuo odor di benessere però con lo strano binomio
dei morti per sogni davanti al tuo Santo Petronio
e i tuoi bolognesi, se esistono, ci sono od ormai si son persi
confusi e legati a migliaia di mondi diversi?
Oh quante parole ti cantano, cullando i cliché della gente,
cantando canzoni che è come cantare di niente...

Bologna è una strana signora, volgare matrona,
Bologna bambina per bene, Bologna "busona",
Bologna ombelico di tutto, mi spingi a un singhiozzo e ad un rutto,
rimorso per quel che m' hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato...

Francesco Guccini - Venezia



[1979]

Venezia

Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare,
la dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia, la vende ai turisti,
che cercano in mezzo alla gente l' Europa o l' Oriente,
che guardano alzarsi alla sera il fumo - o la rabbia - di Porto Marghera...

Stefania era bella, Stefania non stava mai male,
è morta di parto gridando in un letto sudato d' un grande ospedale;
aveva vent' anni, un marito, e l' anello nel dito:
mi han detto confusi i parenti che quasi il respiro inciampava nei denti...
Venezia è un' albergo, San Marco è senz' altro anche il nome di una pizzeria,
la gondola costa, la gondola è solo un bel giro di giostra.
Stefania d' estate giocava con me nelle vuote domeniche d' ozio.
Mia madre parlava, sua madre vendeva Venezia in negozio.

Venezia è anche un sogno, di quelli che puoi comperare,
però non ti puoi risvegliare con l' acqua alla gola, e un dolore a livello del mare:
il Doge ha cambiato di casa e per mille finestre
c'è solo il vagito di un bimbo che è nato, c'è solo la sirena di Mestre...

Stefania affondando, Stefania ha lasciato qualcosa:
Novella Duemila e una rosa sul suo comodino, Stefania ha lasciato un bambino.
Non so se ai parenti gli ha fatto davvero del male
vederla morire ammazzata, morire da sola, in un grande ospedale...

Venezia è un imbroglio che riempie la testa soltanto di fatalità:
del resto del mondo non sai più una sega, Venezia è la gente che se ne frega!
Stefania è un bambino, comprare o smerciare Venezia sarà il suo destino:
può darsi che un giorno saremo contenti di esserne solo lontani parenti...

Francesco Guccini - Scirocco



[1987]

Scirocco

Ricordi le strade erano piene di quel lucido scirocco
che trasforma la realtà abusata e la rende irreale,
sembravano alzarsi le torri in un largo gesto barocco
e in via dei Giudei volavan velieri come in un porto canale.
Tu dietro al vetro di un bar impersonale,
seduto a un tavolo da poeta francese,
con la tua solita faccia aperta ai dubbi
e un po' di rosso routine dentro al bicchiere:
pensai di entrare per stare assieme a bere
e a chiacchierare di nubi...

Ma lei arrivò affrettata danzando nella rosa
di un abito di percalle che le fasciava i fianchi
e cominciò a parlare ed ordinò qualcosa,
mentre nel cielo rinnovato correvano le nubi a branchi
e le lacrime si aggiunsero al latte di quel tè
e le mani disegnavano sogni e certezze,
ma io sapevo come ti sentivi schiacciato
fra lei e quell'altra che non sapevi lasciare,
tra i tuoi due figli e l' una e l' altra morale
come sembravi inchiodato...

Lei si alzò con un gesto finale,
poi andò via senza voltarsi indietro
mentre quel vento la riempiva
di ricordi impossibili,
di confusione e immagini.

Lui restò come chi non sa proprio cosa fare
cercando ancora chissà quale soluzione,
ma è meglio poi un giorno solo da ricordare
che ricadere in una nuova realtà sempre identica...

Ora non so davvero dove lei sia finita,
se ha partorito un figlio o come inventa le sere,
lui abita da solo e divide la vita
tra il lavoro, versi inutili e la routine d' un bicchiere:
soffiasse davvero quel vento di scirocco
e arrivasse ogni giorno per spingerci a guardare
dietro alla faccia abusata delle cose,
nei labirinti oscuri della case,
dietro allo specchio segreto d' ogni viso,
dentro di noi...

Francesco De Gregori - Diamante



[1989]

Diamante

Respirerò,
l'odore dei granai
e pace x chi ci sarà
e per i fornai
pioggia sarò
e pioggia tu sarai
i miei occhi si chiariranno
e fioriranno i nevai.
Impareremo a camminare
x mano insieme a camminare
domenica.

Aspetterò che aprano i vinai
più grande ti sembrerò
e tu più grande sarai
nuove distanze
ci riavvicineranno
dall'alto di un cielo, Diamante,
i nostri occhi vedranno.

Passare insieme soldati e spose
ballare piano in controluce
moltiplicare la nostra voce
x mano insieme soldati e spose.
Domenica, Domenica

Fai piano i bimbi grandi non piangono
fai piano i bimbi grandi non piangono
fai piano i bimbi grandi non piangono

Passare insieme soldati e spose
ballare piano in controluce
moltiplicare la nostra voce
passare in pace soldati e spose.

"Delmo, Delmo vin a' cà...".

Francesco De Gregori - Cose



[1989]

Cose

È come il giorno che cammina,
come la notte che si avvicina,
come due occhi che stanno a guardare,
da dietro una tenda e non si fanno notare.
È come un albero nel deserto,
come un trucco non ancora scoperto,
come una cosa che era meglio non fare,
come il cadavere di una stella, sulla schiuma del mare.
È fulmine, è grandine, è polvere, è siccità,
acqua che rompe l'argine e lascia una riga nera,
al primo piano della città.
C'è qualcuno che bussa, baby, aspettavi qualcuno?
Hai guardato di fuori, baby?
E non ho visto nessuno.
C'è qualcuno che bussa, baby, e muove la coda,
c'è qualcosa che passa in questa stanza vuota.
Come una sagoma sul pavimento,
come sabbia sotto il cemento,
come una magra malattia,
come il passato, in una fotografia.
Come una terra che diventa straniera,
come un mattino che diventa sera,
sera di un giorno di festa, che diventa tempesta.
Come un lungo saluto,
come un sorriso che dura un minuto,
come uno squarcio buttato al futuro,
come un'occhiata, al di là del muro.
È venuto qualcuno, baby, che non si è presentato.
È venuto lo stesso, baby, ma non era invitato.
È venuto qualcuno, baby, che ci guarda e sta zitto,
e c'è qualcosa che cambia sotto questo soffitto.
È come un giorno che cammina,
anzi è come la notte che si trascina,
come una nuvola sulla coscienza,
come l'apocalisse, in un racconto di fantascienza.
Come dal nocciolo di un'esplosione,
come dal chiuso di una nazione,
come dal coro di una cattedrale
o dalla tana di un animale.
Come dal buco di una chiave,
come dal ponte di un'astronave,
come io e te che stiamo a guardare
tutte queste cose, passare.
C'è qualcuno che bussa, baby, aspettavi qualcuno?
Ho guardato nel buio, baby, e non ho visto nessuno.
Troppe volte zero, baby, non vuol dire uno,
c'è qualcosa che brucia in tutto questo fumo.

Francesco De Gregori - Bellamore



[1992]

Bellamore

Bellamore Bellamore non mi lasciare,
Bellamore Bellamore non mi dimenticare.
Rosa di Primavera, isola in mezzo al mare,
lampada nella sera, Stella Polare.
Bellamore Bellamore, fatti guardare,
nella luna e nel sole fatti guardare.
Briciola sulla neve, lucciola nel bicchiere,
Bellamore Bellamore, fatti vedere.
E vieniti a sedere, vieniti a riposare,
su questa poltroncina a forma di fiore.
Questa notte che viene non darà dolore,
questa notte passerà, senza farti del male.
Questa notte passerà, o la faremo passare.
Bellamore Bellamore, non te ne andare.
Tu che conosci le lacrime e le sai consolare.
Bellamore Bellamore non mi lasciare,
tu che non credi ai miracoli ma li sai fare.
Bellamore Bellamore fatti cantare,
nella pioggia e nel vento, fatti cantare.
Paradiso e veleno, zucchero e sale,
Bellamore Bellamore, fatti consumare.
E vieniti a coprire, vieniti a riscaldare,
su questa poltroncina a forma di fiore.
Questo tempo che viene non darà dolore,
questo tempo passerà, senza farci del male.
Questo tempo passerà o lo faremo passare.

Francesco De Gregori - Viaggi e miraggi



[1992]

Viaggi e miraggi

Dietro a un miraggio c'è sempre un miraggio da considerare,
come del resto alla fine di un viaggio
c'è sempre un viaggio da ricominciare.
Bella ragazza, begli occhi e bel cuore,
bello sguardo da incrociare,
sarebbe bello una sera doverti riaccompagnare.
Accompagnarti per certi angoli del presente,
che fortunatamente diventeranno curve nella memoria.
Quando domani ci accorgeremo che non ritorna mai più niente,
ma finalmente accetteremo il fatto come una vittoria.

Perciò partiamo, partiamo che il tempo è tutto da bere,
e non guardiamo in faccia nessuno che nessuno ci guarderà.
Beviamo tutto, sentiamo il gusto del fondo del bicchiere
e partiamo, partiamo, non vedi che siamo partiti già?

E andiamo a Genova coi suoi svincoli micidiali,
o a Milano con i suoi sarti ed i suoi giornali,
o a Venezia che sogna e si bagna sui suoi canali
o a Bologna, Bologna coi suoi orchestrali.

Dietro a un miraggio c'è sempre un miraggio da desiderare,
come del resto alla fine di un viaggio,
c'è sempre un letto da ricordare.
Bella ragazza ma chi l'ha detto che non si deve provare?
Ma chi l'ha detto che non si deve provare a provare?
Così partiamo, partiamo che il tempo potrebbe impazzire,
e questa pioggia da un momento all'altro potrebbe smettere di venir giù.
E non avremmo più scuse allora per non uscire.
Ma che bel sole, ma che bel giallo, ma che bel blu!

Perciò pedala, pedala che il tempo potrebbe passare,
e questa pioggia paradossalmente potrebbe non finire mai.
E noi con questo ombrelluccio bucato che ci potremmo inventare?
Ma partiamo, partiamo, non vedi che siamo partiti già?

E andiamo a Genova coi suoi spiriti musicali,
o a Milano con i suoi sarti e i suoi industriali,
oppure a Napoli con i suoi martiri professionali,
o a Bologna, Bologna coi suoi orchestrali.

E andiamo a Genova coi suoi svincoli musicali,
o a Firenze coi suoi turisti internazionali,
oppure a Roma che sembra una cagna in mezzo ai maiali,
o a Bologna...

Francesco De Gregori - Raggio di sole



[1978]

Raggio di sole

Benvenuto raggio di sole, a questa terra di terra e sassi
a questi laghi bianchi come la neve, sotto i tuoi passi stanchi
a questo amore a questa distrazione, a questo carnevale
dove nessuno ti vuole bene, dove nessuno ti vuole male.
A questa musica che non ha orecchi, a questi libri senza parole
benvenuto raggio di sole, avrai matite per giocare
e un bicchiere per bere forte, e un bicchiere per bere piano
un sorriso per difenderti e un passaporto per andare via lontano
Benvenuto a questa finestra, a questo cielo sereno
a tutti i clacson della mattina, a questo mondo già troppo pieno
a questa strana ferrovia, unica al mondo per dove può andare
ti porta dove porta il vento, ti porta dove scegli di ritornare
A questa luna tranquilla, che si siede dolcemente
in mezzo al mare c'è qualche nuvola ma non fa niente
perché lontano passa una nave, tutte le luci sono accese
benvenuto figlio di nessuno, benvenuto in questo paese. 

Francesco De Gregori - Due zingari



[1978]

Due zingari

Ecco stasera mi piace così
con queste stelle appiccicate al cielo
la lama del coltello nascosta nello stivale
e il tuo sorriso trentadue perle
così disse il ragazzo nella mia vita non ho mai avuto fame
e non ricordo sete di acqua o di vino
ho sempre corso libero, felice come un cane.
Tra la campagna e la periferia e chissà da dove venivano i miei
dalla Sicilia o dall'Ungheria
avevano occhi veloci come il vento leggevano la musica
leggevano la musica nel firmamento

Rispose la ragazza ho tredici anni
trentadue perle nella notte
e se potessi ti sposerei per avere dei figli
con le scarpe rotte
girerebbero questa ed altre città
questa ed altre città a costruire giostre e a vagabondare
ma adesso è tardi anche per chiacchierare.

E due zingari stavano appoggiati alla notte
forse mano nella mano e si tenevano negli occhi
aspettavano il sole del giorno dopo
senza guardare niente
sull'autostrada accanto al campo
le macchine passano velocemente
e gli autotreni mangiano chilometri
sicuramente vanno molto lontano
gli autisti si fermano e poi ripartono
dicono c'è nebbia, bisogna andare piano
si lasciano dietro un sogno metropolitano.

Francesco de Gregori - Natale



[1978]

Natale

C'è la luna sui tetti e c'è la notte per strada
le ragazze ritornano in tram
ci scommetto che nevica, tra due giorni Natale
ci scommetto dal freddo che fa.
E da dietro la porta sento uno che sale
ma si ferma due piani più giù
un peccato davvero ma io già lo sapevo
che comunque non potevi esser tu
E tu scrivimi, scrivimi
se ti viene la voglia
e raccontami quello che fai
se cammini nel mattino e ti addormenti di sera
e se dormi, che dormi e che sogni che fai.
E tu scrivimi, scrivimi per il bene che conti
per i conti che non tornano mai
se ti scappa un sorriso e ti si ferma sul viso
quell'allegra tristezza che ci hai
Qui la gente va veloce ed il tempo corre piano
come un treno dentro a una galleria
tra due giorni è Natale e non va bene e non va male
buonanotte torna presto e così sia.
E tu scrivimi, scrivimi
se ti viene la voglia
e raccontami quello che fai
se cammini nel mattino e ti addormenti di sera
e se dormi, che dormi e che sogni che fai. 

martedì 28 maggio 2013

Francesco De Gregori - Caterina



[1982]

Caterina

Poi arrivò il mattino e col mattino un angelo
e quell'angelo eri tu, con due spalle uccellino
in un vestito troppo piccolo e con gli occhi ancora blu.
E la chitarra veramente la suonavi molto male,
però quando cantavi sembrava Carnevale,
e una bottiglia ci bastava per un pomeriggio intero,
a raccontarlo oggi non sembra neanche vero.
E la vita Caterina, lo sai, non è comoda per nessuno,
quando vuoi gustare fino in fondo tutto il suo profumo.
Devi rischiare la notte, il vino e la malinconia,
la solitudine e le valigie di un amore che vola via.
E cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo
e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo.
Chissà se in quei momenti ti ricordi della mia faccia,
quando la notte scende e ti si gelano le braccia.
Ma se soltanto per un attimo potessi averti accanto
forse non ti direi niente ma ti guarderei soltanto.
Chissà se giochi ancora con i riccioli sull'orecchio
o se guardandomi negli occhi mi troveresti un po' più vecchio.
E quanti mascalzoni hai conosciuto e quante volte hai chiesto aiuto,
ma non ti è servito a niente.
Caterina questa tua canzone la vorrei veder volare
sopra i tetti di Firenze per poterti conquistare.

Francesco De Gregori - Festival



[1976]

Festival

Nella la città dei fiori disse chi lo vide passare
che forse aveva bevuto troppo ma per lui era normale.
Qualcuno pensò fu problema di donne,
un altro disse proprio come Marylin Monroe.
Lo portarono via in duecento,
peccato fosse solo quando se ne andò.
La notte che presero il vino e ci lavarono la strada.
Chi ha ucciso quel giovane angelo che girava senza spada?

E l'uomo della televisione disse:
"Nessuna lacrima vada sprecata, in fin dei conti cosa
c'è di più bello della vita, la primavera è quasi cominciata".
Qualcuno ricordò che aveva dei debiti,
mormorò sottobanco che quello era il motivo.
Era pieno di tranquillanti, ma non era un ragazzo cattivo.
La notte che presero le sue mani
e le usarono per un applauso più forte.
Chi ha ucciso il piccolo principe che non credeva nella morte?

E lontano lontano si può dire di tutto,
non che il silenzio non sia stato osservato.
L'inviato della pagina musicale scrisse:
"Tutto è stato pagato".
Si ritrovarono dietro il palco,
con gli occhi sudati e le mani in tasca,
tutti dicevano "Io sono stato suo padre!",
purché lo spettacolo non finisca.
La notte che tutti andarono a cena
e canticchiarono "La vie en rose".
Chi ha ucciso il figlio della portiera,
che aveva fretta e che non si fermò?

E così fu la fine del gioco,
con gli amici venuti da lontano,
a deporre una rosa sulla cronaca nera,
a chiudere un occhio, a stringere una mano.
Alcuni lo ricordano ancora mentre accende una sigaretta,
altri ne hanno fatto un monumento
per dimenticare un po' più in fretta.
La notte che presero il vino e ci lavarono la strada.
Chi ha ucciso quel giovane angelo che girava senza spada? 

Francesco De Gregori - Stella stellina



[1979]

Stella stellina

Nata sono nata nell'Africa d'Italia, 
in qualche posto e in qualche modo sono pure cresciuta. 
Non c'erano chitarre ai miei tempi, 
non c'erano chitarre da suonare 
ma fili d'erba quanti ne volevi tu da strappare e poi soffiare. 
E sì la notte, ti potevi fidanzare con la luce dei treni che fischiavano lontano. 
Probabilmente cominciò con la corriera e con la ferrovia, 
un uomo chiuse lo sportello e la campagna volò via. 
Avevi unghie laccate sopra mani da contadina 
e due orecchini di corallo di quand'eri ragazzina. 
E ti leggevi i libri che parlavano solo d'amore 
e poi chissà che altro avevi dentro al cuore. 
E un anno passa e un anno vola 
e un anno cambia faccia e una città che muore, 
che protegge e che minaccia. 
E un uomo con il cappello che ti accompagna alla fermata 
e tu che prendi la sua mano e pensi adesso si che sono innamorata. 
E non importa niente se capisci che non era vero, 
c'è sempre tempo per un'altra mano e per un sogno ancora intero. 
Prendila come viene, prendila come vuoi, 
non t'impicciare più della tua vita che non sono affari tuoi. 
Prendila come viene, prendila come va, 
stella stellina, stella cadente, stella, stella. 

Francesco De Gregori - I muscoli del capitano



[1982]

I muscoli del capitano

Guarda i muscoli del capitano, tutti di plastica e di metano. 
Guardalo nella notte che viene, quanto sangue ha nelle vene. 
Il capitano non tiene mai paura, dritto sul cassero, 
fuma la pipa, in questa alba fresca e scura che rassomiglia un pò alla vita. 
E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni 
e la getta nelle onde e chiama forte quando vuole qualcosa, 
c'è sempre uno che gli risponde. 
Ma capitano non te lo volevo dire, 
ma c'è in mezzo al mare una donna bianca, 
così enorme, alla luce delle stelle, 
che di guardarla uno non si stanca. 

Questa nave fa duemila nodi, in mezzo ai ghiacci tropicali, 
ed ha un motore di un milione di cavalli 
che al posto degli zoccoli hanno le ali. 
La nave è fulmine, torpedine, miccia, 
scintillante bellezza, fosforo e fantasia, molecole d'acciaio, 
pistone, rabbia, guerra lampo e poesia. 
In questa notte elettrica e veloce, in questa croce di Novecento, 
il futuro è una palla di cannone accesa e noi la stiamo quasi raggiungendo. 
E il capitano disse al mozzo di bordo 
"Giovanotto, io non vedo niente. 
C'è solo un pò di nebbia che annuncia il sole. 
Andiamo avanti tranquillamente". 

giovedì 23 maggio 2013

The O'Jays - She Use to Be My Girl

[1978]

She Use to Be My Girl


Sh-Sh-Should've x4

Good loving
The girls got pretty good lovin'
Ask me how I know
And I'll tell you so..
She used to be my girl
My Giiirl

I respect her
When she was mine
I used to neglect her
She wanted more than I could give
But as long as I live
She'll be my girl

Chorus:
She used to be my girl
She used to be my girl

She had a charming personality
The girl was so right for me
Shes my girl

And If I had the chance
I'd take her back
As a matter a fact
Right away
Like today

Not only good-lookin
The girl was so smart
Cant beat her cooking
Ask me how I know
And I'll tell you so
She used to be my girl

I still love her
I'd place noone above her